domenica 29 aprile 2012

SUTRI: ANFITEATRO E MITREO

Sono quindici giorni che si parla ovunque di cultura.

Morta, viva, sepolta, in sospensione, all’angolo, protagonista, divina, in lutto, condite il tutto come vi pare e piace, ognuno la scrive e la pensa come vuole, il poeta la decanta, l’attore, la recita con ardore, il giornalista la trasforma in articoli, il pittore la illustra, il fotografo la rende immortale, poi abbiamo il cantante, lo scrittore e tante ma tante altre forme di cultura con il politico che la cavalca prima e la dimentica dopo.

Se decidete di fare un salto a Sutri di domenica pomeriggio, non andate né all’Anfiteatro Romano né al Mitreo, tanto sono chiusi.

E cosa siamo capaci di tenere chiusi?

L’anfiteatro Romano: Completamente scavato nel tufo, una costruzione  che risale all’epoca romana, tra la fine del I secolo avanti Cristo e il I dopo Cristo, nel momento di maggior splendore dell’antica città di Sutri.

Il Mitreo: Fu tomba etrusca, tempio pagano dedicato al dio mitra, chiesa cristiana dedicata dapprima a S. Michele Arcangelo, e poi alla Madonna con il Bambino (S. Maria del Parto). Duemila e seicento anni di storia e cultura, il mistero che emana affascina tutti quelli che la visitano.

Entrambi rimangono chiusi la domenica pomeriggio, quando le persone non lavorano e decidono di fare i turisti. Meglio non sapere a chi si potrebbero fare i complimenti di questa gestione cosi intelligente.

Ovviamente i siti archeologici della Tuscia a che servono, tolti i paesi, Tarquinia e Montalto di Castro che si distinguono nel promuovere i loro siti archeologici (mi scuso se ho dimenticato qualcun altro), il resto dei siti li possiamo anche ricoprire con la terra e magari mettiamoci sopra pure una bella lapide, almeno la cultura la seppelliamo veramente e per epitaffio potremmo mettere quello che il filosofo tedesco Immanuel Kant ha fatto scrivere sulla sua lapide: IL CIELO STELLATO SOPRA DÌ ME, LA LEGGE MORALE DENTRO DÌ ME.

L’incompetenza nel gestire le nostre risorse culturali ed economiche è indicibile, una vergogna senza scuse e l’unica risposta che sanno dare è quella dello scarica barile.

In un momento di grave crisi economica come questo, chiudiamo l’unica industria che può creare reddito, la cultura in tutte le sue forme.

Complimenti a tutti i responsabili per la loro, staticità, incapacità e cecità.

Tuscia Vola

Marco Cataudella






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